Fiaba di Natale
La neve era un ricordo lontano. Staccai la fronte dal finestrino del passeggero e osservai il panorama che sfrecciava veloce, noncurante del mio punto di vista leggermente depresso.
Un sole arido ricopriva l’intera vallata e all’orizzonte si potevano scorgere grosse nubi cariche di sabbia e polvere.
Il treno ad alta velocità diretto a Torino sobbalzò leggermente, creando un mormorio di tensione tra i passeggeri del vagone. Volsi lo sguardo verso mio padre, che seduto di fronte a me continuava a russare fragorosamente. Ne approfittai per sgattaiolare nel corridoio. A passi leggeri mi diressi verso i servizi igienici e per poco non mi scontrai con una donna alta, robusta
e dai lineamenti aguzzi.
-Fa attenzione a dove metti i piedi, ragazzina!- Squillò isterica.
La guardai senza dir nulla e passai oltre. Una coppia sulla trentina stava sfogliando un catalogo di maschere per l’ossigeno che si abbinassero ai maglioni natalizi. Provai invidia per la loro
spensieratezza: erano in pochi oramai a ricordarsi che il giorno dopo domani sarebbe stato Natale.
Il pianeta era alla deriva da prima che io nascessi e la gente si preoccupava solo di sopravvivere alla siccità ed alla polvere.
Questo era il mondo. Triste, grigio. E senza Natale.
Il neon di fronte alla porta del bagno era rosso. Mi toccava pure aspettare che qualche sconosciuto finisse di mollare i suoi composti flatulenti giù per il tubo. Che noia.
-Cosa ci fa una ragazzina della tua età tutta sola?-
Mi voltai di scatto.
Un uomo grande e grosso mi osservava bonario da un sedile dietro di me.
-Non sono sola,- risposi arrossendo -c’è mio padre seduto poco più in giù.-
Indossava un lungo cappotto nero anti-sabbia e un buffo cappello da pescatore. Con un cenno mi invitò a sedere di fronte a lui. I suoi lineamenti erano gentili, seppur buffi.
Alzai le spalle da adolescente e lo assecondai.
Era molto vecchio, ma i suoi occhi sembravano quelli di un bambino.
-Sono qui per un motivo ben preciso.- Esordì senza tergiversare.
Lo fissai titubante sul cosa dire. Fu lui a continuare.
-In tanti non credono più alla magia del Natale, questo sta diventando un bel problema.-
Aggrottò le grigie sopracciglia facendo comparire ancora più rughe sulla sua fronte.
-Ma ad ogni problema vi è una soluzione ed io so che tu, Ginevra, quest’anno hai chiesto un dono per Natale.-
Impallidii come un lenzuolo sbattuto al vento. Come poteva questo vecchio conoscere il mio nome? E anche che avevo chiesto…
…-un mondo nuovo!- Esclamò sorridente.
-Come fai a sapere queste cose?- Domandai in un sussurro.
Lui sembrò non avermi sentito. Infilò la mano in una tasca del cappotto e ne estrasse una piccola biglia di vetro. Se la rigirò un po’ tra le mani e poi me la porse.
La presi senza esitare e la osservai affascinata.
-Che cos’è?- Chiesi.
-Quello che volevi: un mondo nuovo. Sai com’è nato l’universo?-
Feci segno di no con la testa.
-Noi non siamo i primi e non saremo gli ultimi. Si tratta di un ciclo eterno, capisci? Il nostro universo ha finito di espandersi dopo l’esplosione che alcuni chiamano big bang. Ora si sta
contraendo. E più si rimpicciolisce e più le cose si avvicinano tra loro. Sempre più vicini, sempre più piccoli fino ad arrivare alle dimensioni…-
-Di una biglia?- Domandai divertita da quell’assurda discussione.
-Una sfera dall’alto non è altro che un cerchio, piccola giovane.-
-Ma se ci rimpiccioliamo così tanto significa che smetteremo di esistere.-
L’omone scoppiò in una grassa risata.
-E’ il ciclo della vita, mia cara. Dalla nostra biglia scaturirà una nuova esplosione che creerà un nuovo universo in espansione destinato anch’esso a contrarsi e così via.-
-Quindi questa…- Volsi lo sguardo all’oggetto sul palmo della mia mano.
-Quella è solo una biglia di vetro. Volevo che l’avessi. Non si sa mai quanto possa essere
potente una cosa tanto piccola. Goditi questo mondo, godi delle cose di ogni giorno, riprendi a
festeggiare gli avvenimenti. Con semplicità. Vedrai che sarà la strada giusta per ottenere ciò che
desideri.
DIN DON
Un rumore alle mie spalle mi fece voltare. Notai che il neon sul bagno dava luce verde, il che
significava che era stato sanificato e pronto all’uso.
-Ora dovrei andare.- Dissi voltandomi verso l’uomo.
Lo strambo era svanito. All’improvviso com’era arrivato. Osservai da vicino la biglia.
Qualcosa si muoveva all’interno: piccoli fiocchi di neve ricoprivano un villaggio tra le montagne.
Dopo aver fatto pipì, tornai al mio posto e mi accoccolai a fianco di mio padre.
-Buon Natale.- Sussurrai addormentandomi.