IL CONFESSIONALE
Il dolore ai piedi stava diventando insopportabile.
Camminavo senza sosta da almeno tre ore, vagando tra la folla di turisti che si accalcava ad ogni
angolo della città. Il termometro di una farmacia segnava 29 gradi, ma a mio parere dovevano
essere molti di più. Non avevo da bere, non avevo un soldo, non avevo un telefono. Le labbra
screpolate e sanguinanti tiravano la carne viva. Avrei scommesso che se mi fossi guardato allo
specchio avrei visto un teschio sghignazzante al posto del mio viso.
Una comitiva di anziani mi superò sulla destra, il vociare continuo e assordante mi
confuse a tal punto che per poco non persi l’equilibrio.
Mi voltai. Niente polizia, niente militari. Neanche un’ inutile municipale.
Forse l’avevo fatta franca, ma non potevo concedermi il lusso di abbassare la guardia.
Dovevo rimanere in centro, confondermi con la massa brulicante, diventare parte di quel macro
organismo che scattava selfie, spendeva ore in coda per visitare un’opera d’arte – solo per
scoprire che in realtà era la fila per il cesso – e scomparire come polvere in un turbine di vento.
Una sirena si levò al di sopra del caos di Napoli.
Il cuore mi salì fin su in gola pronto ad esplodere. Dovevo sparire, e in fretta anche. Allo
stesso tempo, però, sapevo che la cautela sarebbe stata necessaria. Con il capo chino scesi dai
quartieri spagnoli, imboccai la via più affollata tra le vie presenti nell’intera galassia e mi
amalgamai con un gruppo di tedeschi con sandali e calzini bianchi. Il candore della loro pelle
poteva competere con le mozzarelle di bufala campana dop, quindi sarei stato al sicuro.
Il suono della sirena era sempre più vicino. In lontananza vidi una jeep dell’esercito che
sgommava e si faceva strada. Il serpente di turisti tedeschi entrò in una chiesa ed io con lui.
Ecco, col senno di poi sarebbe stato meglio consegnarsi all’esercito, o addirittura
lasciarmi cadere a terra e morire di disidratazione. Invece, questa maledetta smania per la
sopravvivenza, insita in ogni organismo, quel giorno mi tese una trappola.
Quel giorno mi ritrovai a dover fare i conti col capo in persona.
E vi assicuro che non fu cosa buona e giusta.
All’interno della chiesa le mie fatiche si affievolirono. L’aria fresca donò nuova linfa
vitale ai miei polmoni, le labbra quasi si inumidirono. L’odore d’incenso penetrò le narici
soffocando la puzza di sangue e sudore che mi portavo appresso. Abbandonai la comitiva di
mangia patate e presi posto su di una panca di legno, non lontano dall’altare.
-Questa è la casa di Dio, vi prego di usare discrezione!-
Mi voltai con estrema lentezza. Due carabinieri erano appena entrati e stavano confabulando con
un prete.
Ero fottuto.
Non guardarono subito verso di me, quindi colsi al volo l’occasione e sgattaiolai dietro un
pilastro di marmo. Nessuna via di fuga. A meno che…
Infilai il mio esile corpo stremato nel gabbiotto di legno e richiusi la tendina marrone dietro di
me. L’ambiente era angusto e confortevole al tempo stesso. Dalla grata nera sulla mia destra
pendeva un crocifisso. Gesù mi fissava e mi fissava e mi fissava e mi fissava.
-Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.- Disse la voce aldilà della grata.
-Dimmi, figliolo, quando è stata l’ultima volta che ti sei confessato?-
Trattenni una risata, dovevo reggere la commedia perlomeno il tempo necessario a far sloggiare
gli sbirri.
-Salve, padre. Non saprei, sono passati anni.-
-Capisco. Ad ogni modo hai fatto la cosa giusta. Chiedere il perdono è il primo passo
verso la redenzione. La strada sarà tutta in salita, ma ti porterà sempre più vicino a
nostro Signore.-
-Spero non troppo vicino. Non ancora.-
-Essere vicino a Dio non significa essere accanto a lui fisicamente. Dio è ovunque.
Intorno a noi, dentro di noi, nelle buone azioni che ogni giorno compiamo verso i nostri fratelli e
sorelle.-
-E le cattive azioni?-
-Siamo umani, ci è permesso sbagliare. Non di perseverare nell’errore, però. A questo
bisogna porre molta attenzione. Il diavolo investe bene i suoi capitali.-
-Non ho mai pensato al diavolo come un uomo d’affari.-
-Ed è qui che sbagli. Le nostre anime sono il capitale più allettante che un imprenditore
come lui possa bramare.-
Riflettei molto su quelle parole.
-Ma ora dimmi-, continuò il sacerdote -di quali peccati vorresti liberarti?-
Porca troia, pensai. E ora da dove comincio?
Sbirciai dalla tenda. I due carabinieri stavano fermando e controllando i vari gruppi di comitive.
-Voi avete il segreto professionale o roba simile, giusto?-
Il prete si schiarì la voce nella penombra. Chissà se aveva notato i militari dentro la chiesa?
-Esatto, siamo vincolati dal sigillo sacramentale. Io sono solo un tramite. In questo
momento di penitenza stai parlando con Dio.-
E così sia. Vediamo cosa ne pensa Dio.
-Mi sono sempre ritenuto un uomo d’onore, sia nella vita privata che negli affari, ma la
vita non sai mai che piega potrebbe prendere. A volte ti butta giù con tanta ferocia che non puoi
fare altro che restare al tappeto e aspettare la campana. Altre volte qualcuno ti porge una mano,
fingendo di aiutarti, ed è proprio quando riprendi a respirare che arriva il cazzotto allo stomaco
che ti ruba l’aria e ti fa boccheggiare come una trota appena tirata su dal fiume.
Ecco, quella frattura nella mia vita arrivò diversi anni fa, quando diedero fuoco al mio locale per
un mancato pagamento. Ero KO e accolsi la prima mano che trovai nel buio. La mano sbagliata.
Accettai un aiuto in cambio di alcuni favori per così dire scomodi.
Rimasi invischiato nella melma, mi segue, padre?-
Un altro colpo di tosse, poi un sussurro: -Credo di sì. Continua, figliolo.-
-All’inizio fu roba di poco conto. Qualche minaccia, un paio di riscossioni. Tagliai
persino un mignolo ad un grassone. Mi ripromisi di smettere con quella vita, ma, non appena
quei pensieri entrarono nella mia testa, compresi che era già troppo tardi. Loro mi possedevano,
in tutti i sensi che una persona potrebbe immaginare.
In seguito arrivò il primo omicidio. Lo ricordo come fosse appena accaduto. Ricordo tutte le loro
facce. Supplicanti. Lo sa, padre? Alla fine non importa a quale rango, casta sociale, colore della
pelle appartengano. Quando si rendono conto di non avere speranza, supplicano. Supplicano
sempre.
Le conservo negli incubi quelle preghiere balbettanti di uomini ad un soffio dalla morte.-
-Stiamo affrontando un argomento molto delicato e, se vorrai continuare ne sarò lieto, ma
devi sapere che per questo genere di peccati la via della redenzione non sarà semplice. Dovrai
accogliere lo Spirito Santo nel tuo cuore e lasciare che ti giudichi. Solo attraverso Dio sarai in
grado di salvare la tua anima. Di quanti, ehm, peccati stiamo parlando?-
Mi piaceva quel prete.
-24 uomini, 11 donne, 6 bambini.-
Un rumore di legno giunse dalla parete che ci separava. Il sacerdote doveva aver sferrato un
pugno contro la parte inferiore della grata.
-Questo non va bene-, disse in un sussulto -io posso aiutarti dal punto di vista spirituale,
ma tu dovrai aiutare te stesso e le famiglie di quella povera gente. Non posso obbligarti, è ovvio,
ma suggerisco caldamente un consegna spontanea alle forze dell’ordine.-
Scostai la tenda di tessuto marrone. Dalla mia posizione non potevo esserne certo, ma sembrava
che i carabinieri avessero deciso di continuare altrove le ricerche.
-Padre, sono legato a dei vincoli, non posso mollare tutto dal giorno alla notte. Che sia
chiaro: come tutti anch’io temo la morte, ma non è di quello che mi preoccupo. Quella gente
sterminerebbe ogni persona che conosco. Farebbe terra bruciata del mio albero genealogico,
capisce? Sarebbero in grado persino di trovare mio cugino che si è trasferito in Portogallo una
dozzina d’anni fa’. Io lo so e lo sa anche lei. Non mi resta che piangere, come direbbero Troisi e
Benigni.-
-Ci sono forze nascoste a cui possiamo attingere. C’è una volontà superiore a cui
possiamo fare affidamento. Le leggi celesti prevalgono quelle degli uomini, che siano giusti o
malfattori. Tu non sei un giusto, ma sei ancora in tempo per intraprenderne la strada.-
-Ce l’ha una sigaretta, padre? Non fumo da parecchie ore.-
-Qui non si può fumare, ma faremo un’eccezione, a patto che tu mi prometta una cosa.-
-Sentiamo.-
-Fumerai la tua sigaretta in silenzio, qui accanto a me. Poi ti alzerai, uscirai dal
confessionale e ti dirigerai verso l’altare. Sulla destra del crocifisso troverai una piccola porta di
legno. Attendimi lì. Ti porterò acqua, del cibo e qualcosa di pulito da indossare.-
-Perché farebbe questo per me?-
-Non lo faccio per te. Lo faccio per me. Per mettere alla prova la mia fede. Dopo aver
mangiato sarai libero di andare.-
Dalla grata comparve una diana rossa con tanto di fiammiferi allegati. Me la infilai in bocca e
sfregai il cerino sul cartone. L’odore di zolfo mi salì fin su nel cervello. Quell’odore. Quel sapore
dolciastro e tossico che solo la morte può avere. Inspirai il fumo e tossii leggermente.
Finita la cicca, uscii dal confessionale e mi diressi all’altare. Notai subito la porta
microscopica a lato del crocifisso, diedi uno sguardo veloce in giro e mi ci infilai in silenzio.
L’ambiente era poco illuminato, piccolo, ma gradevole. Nella stanza era presente un lavabo, un
cesso e un letto singolo. Niente di più e niente di meno.
Rimasi in piedi ad attendere e meditare. Avrei mangiato, avrei bevuto, mi sarei cambiato i vestiti
zozzi. Poi avrei dovuto uccidere il prete. Segreto professionale o meno, mi ero spinto troppo in
là. Nella mia professione non potevo fare tali passi falsi. Avevo agito d’impulso, dato fiato alla
bocca senza pensare alle conseguenze ed ora dovevo rimediare. Peccato, provavo simpatia per
quell’uomo di Dio.
Un cigolio alle mie spalle mi prese alla sprovvista. La porta si aprì ed eccolo lì di fronte a
me: un ragazzino alto e magro con un saio bianco, candido come la neve. In mano una brocca
d’acqua e un piatto di zuppa fumante, sottobraccio dei vestiti puliti e profumati.
-Quanti anni hai, padre?-
Diventò rosso in viso e abbassò lo sguardo.
-Diciassette. Devo fare una confessione anch’io. Quando sei entrato nel confessionale ero
intento a fare le pulizie. Avrei voluto dirtelo, ma…-
-Non sei ancora un prete, dunque?-
-No, do una mano al parroco e devo prendere i voti, ma tutto ciò che ho detto ha la stessa
validità.-
L’acqua dentro la brocca sembrava un oceano in tempesta talmente le sue mani
tremavano. Feci un passo verso di lui. Pareva un bambino goffo, come avevo fatto a non
riconoscere il tono fanciullesco della voce? Troppa stanchezza o forse stavo perdendo qualche
colpo.
-Quindi non puoi fare da tramite per Dio, giusto?- Domandai.
-Per quel che dice la chiesa, no. Per come la penso, non è necessario. Come ti ho detto
prima, Dio è ovunque. Tutto intorno a noi, basta solo guardare con gli occhi giusti.-
-Sei saggio per la tua età.-
Afferrai la brocca e mi dissetai. Poi, come un animale, mi dedicai alla zuppa. Squisita. Sfilai i
vestiti puliti dalle mani del giovane e mi cambiai.
Ora veniva la parte difficile.
Presi posto a sedere sul letto e con la mano invitai il mio ospite a fare altrettanto. Tremolante,
accolse la mia richiesta.
Indicai un crocifisso appeso alla parete sopra il letto e lui volse lo sguardo in quella direzione.
-Sei stato gentile con me-, dissi stringendo le mani sulla sua testa per spaccargli l’osso del
collo – e sono sicuro che Gesù lo sarà altrettanto con te.-
Fu allora che sentii la musica.
Proprio un attimo prima di sferzare il colpo mortale, una perfetta sinfonia investì le mie membra.
Mi attraversò da parte a parte lasciando una scia di piacere in ogni atomo del mio corpo. Ne ero
ammaliato.
Lasciai la presa, mi alzai, uscii dalla stanza e mi trovai davanti all’altare.
Accompagnato dal pianoforte, il coro della diocesi stava cantando Everybody’s got to learn
sometime dei Korgis.
Onde sinuose di brividi salirono dai piedi fino alla testa.
Era lo spettacolo più bello a cui ricordo di aver mai assistito. Quella musica mi entrò nell’anima
e non ne uscì mai più. Crollai in ginocchio e scoppiai a piangere come un neonato privato della
tetta. Non mi importava più di nulla, volevo solo continuare a sentire quella sinfonia.
Per sempre e sempre e sempre e ancora.
Una mano si appoggiò sulla mia spalla. Era il giovane quasi-prete. Piangeva anche lui.
-E’ tutto a posto-, disse -tutti devono imparare prima o poi.-
Tutti devono imparare prima o poi.