L’UOMO COI BAFFI
Questa storia è dedicata a tutti coloro che non cercano una morale in tutto ciò che leggono. Che amano la fantasia nella sua forma più pura, senza limiti o barriere. E che credono nell’assurdo in quanto regolatore delle leggi universali. Siete disposti a viaggiare senza il timore di dovervi voltare indietro? Riuscite ad accettare un’esistenza priva di logica, ma palpabile? Siete in grado di assaporare ogni respiro della vostra vita come se fosse unico e irripetibile?
Se la risposta a queste domande è sì, benvenuti.
Benvenuti nel Senza Senso. Il settimo, per quanto mi riguarda.
L’uomo coi baffi è basso. Corte sono le braccia e le gambe, quando cammina respira a fatica. Ed è grasso. Decisamente grasso. Grasso da farmi quasi schifo, ma a lui va bene così.
No. Aspetta. Non mi piace.
L’uomo coi baffi è alto. Talmente alto che quando parla con le persone deve chinare la testa per guardarle negli occhi. Porta capelli tagliati corti, di un nero luccicante. Gli occhi sono grandi e pieni di vita. Non ha paura di sorridere. Lo fa e basta. È così magro da far concorrenza ai chiodi più sottili. Una volta, un chiodo piantato nella parete gli chiese: «Qual è il tuo segreto, uomo coi baffi? Come fai ad essere così magro?» L’uomo coi baffi gli sfoderò un sorriso luccicante e rispose: «Il merito è di chi mi ha creato.»
Decisamente magro.
Ora l’uomo coi baffi cammina per la strada lungo il marciapiede in una piovosa giornata di novembre. Indossa un lungo impermeabile grigio e un cappello da pescatore schiacciato sulla testa. Non ha bisogno di ombrelli. Si ferma davanti alla vetrina di un negozio di liquori. Bottiglie dai differenti gusti e gradazioni brillano dall’altra parte della vetrata. Decide di essere assetato. Entra nel negozio, si scrolla dalla pioggia imitando il gesto istintivo di un cane randagio, raccoglie cinque bottiglie di Jack Daniel’s dallo scaffale e le appoggia sul bancone della cassa. Il commesso è un ragazzo giovane, pieno di vita e di ideali in cui credere. Sorride. Non si capacita di come un uomo coi baffi così lunghi possa bere così tanto whisky. È impossibile.
«È sicuro di volerle bere tutte e cinque, signore?» domanda il commesso con un ghigno increspato nella giovane bocca.
All’uomo coi baffi non piace il sarcasmo. Decide di dare una lezione al ragazzo. Invece di rispondere, apre la prima bottiglia e se la scola davanti a quei giovani occhi increduli. La appoggia vuota sul bancone e apre la seconda. Non c’è esitazione nei suoi gesti, le mani non tremano. Finisce la seconda e si dedica alla terza. D’altronde aveva sete. Termina la terza e fa l’amore con la quarta. Molta sete. È indeciso se bere anche la quinta. Poi la beve. Fissa il commesso con occhi lucidi e sorridenti. La bocca del ragazzo è talmente spalancata che l’uomo coi baffi può contare le numerose otturazioni nei denti.
«Questo è impossibile!» dice tremante il commesso.
«Ovviamente no.»
«Dovrebbe come minimo collassare sul pavimento, andare in ospedale, svenire!»
L’uomo coi baffi si gratta il mento pensieroso, poi dice: «Lo sai perché tutto ciò non accade?»
Il commesso muove la testa in segno di negazione. La sua bocca è tornata ad essere una voragine.
«Semplicemente perché questa è una storia di fantasia. Siamo pedine, burattini in mano alle scelte dell’autore. E, caro ragazzo, non ci sono regole in questo mondo. Aspettati di tutto.»
«Non è possibile. Non è vero! Non è vero! Non è vero!» grida il commesso in preda al panico. Comincia a muovere la testa sempre più velocemente, il colorito sul volto diventa rosso scuro. La faccia si gonfia come un pallone aereo-statico fino a diventare gigantesca. Continua ad urlare sempre più forte.
Poi, con un sonoro bang, la faccia del commesso del negozio di liquori esplode imbrattando di sangue, cervella e ossa dappertutto. Un fottuto casino.
L’uomo coi baffi esce nuovamente nella pioggia. Non ha più sete.
Cammina a passo leggero lungo la via, immerso nei suoi pensieri, fino a che la strada finisce contro un muro. Un muro di mattoni rossi, alto più di dieci metri. Un rumore improvviso lo costringe a voltarsi. È la sirena della polizia. L’uomo coi baffi osserva il tutore dell’ordine scendere dalla vettura e avvicinarsi a lui con aria minacciosa.
«Buongiorno, agente. Come posso aiutarla?» domanda l’uomo coi baffi con un tono di voce così innocente da poter essere attribuito unicamente a quello di un bambino neonato (se i neonati fossero in grado di parlare, è ovvio).
«Lo sa che è pericoloso andarsene in giro con dei baffi così lunghi?» risponde il poliziotto con arroganza.
«Pensavo non ci fossero limiti di lunghezza.»
«Devo chiederle di venire con me, signore. Abbiamo alcune domande da porle.»
«Volete che me li tagli, vero?»
«È necessario, signore. Non possiamo correre rischi.»
«E la mia libertà?»
«Non esiste. Non è mai esistita.»
L’uomo coi baffi non è d’accordo.
«Mi dispiace, agente. Non sarei voluto ricorrere a questo, ma le devo chiedere di girarsi.»
«Lei sta abusando del potere dei suoi baffi», dice il poliziotto voltandosi.
«Lo so. Lei cosa farebbe al mio posto? Ora si chini in avanti.»
Il poliziotto forma un angolo di novanta gradi con il suo corpo. Un istante dopo il calcio lo colpisce nelle chiappe con tale violenza da farlo cadere a faccia in giù sull’asfalto. L’uomo coi baffi si allontana nella pioggia, lasciandosi la luce intermittente della sirena dell’auto della polizia nel buio alle sue spalle.
«Verrà un giorno in cui dovrà fare i conti con le sue scelte!» urla il poliziotto da lontano. Ma ormai non è altro che un sussurro portato dal vento.
Smette di piovere ed esce il sole. L’uomo coi baffi arriva in un parco. Vede un giovane seduto su una panchina con un quaderno, una biro e un pacchetto di tabacco ancora da rollare. Si siede al suo fianco. È l’autore.
«Bella giornata», dice l’uomo coi baffi.
«Stupenda», dice l’autore.
«Cosa fai qui da solo, ragazzo?»
«Ho perso l’ispirazione.»
«Ti piace scrivere?» domanda l’uomo coi baffi.»
L’autore non ha esitazioni: «Da morire.»
«Allora scrivi. Non pensare che tutto ciò che butti giù sulla carta debba essere perfetto o geniale. Ci sono momenti bui, momenti in cui ti sembra che nulla più abbia un senso, ma passano. Ne sono sicuro. Se c’è una cosa che ti piace fare nella vita, falla e basta. Segui le tue passioni, alimenta la fiamma che stagna al tuo interno, falla diventare un incendio. E, per l’amor di Dio, non ti preoccupare di quello che potrà dire la gente. Le persone parlano, lo sai. Scrivi per te stesso, per la voglia di farlo, per la soddisfazione personale. Butta fuori quello che hai, sfoga ed esorcizza le tue paure. Vedrai che prima o poi ti verrà in mente una buona storia.»
«Grazie del consiglio.»
«Ti vedo un po’ giù. Qual è il problema?»
«Mi hanno appena rubato il telefono cellulare.»
«Diavolo, potresti utilizzarla come ispirazione. Inventati una storia che ha come protagonista un giovane a cui hanno appena rubato il cellulare. Scrivi di come subito dopo tutti i telefoni nel mondo hanno cominciato a trasportare un virus che resetta totalmente le loro menti come fossero computer formattati e li rende violenti e con tendenze omicide. Pazzi furiosi. Il nostro ragazzo sarebbe uno dei pochi rimasti sulla terra a lottare per la sopravvivenza.»
«Bella idea, ma è già stata scritta.»
«Touchè. Allora scrivi di un uomo coi baffi.»
Il volto dell’autore diventa serio e pensieroso. Poi sorride. «È esattamente ciò che sto facendo in questo momento.»
«Ok, ma potresti fargli fare qualcosa di più interessante che far esplodere teste di commessi inesperti e prendere a calci nel culo poliziotti arroganti.»
«Del tipo?» domanda curioso l’autore.
«Sesso. Non c’è nulla di più interessante del richiamo primordiale della natura. Fa in modo che il protagonista incontri una bella donna. Una di quelle da favola. Fallo innamorare. Fa’ che abbia del buon, sano sesso. Renderebbe la situazione più eccitante.»
L’autore pensa a quanto sia furbo l’uomo coi baffi. Sorride nuovamente.
«Vediamo cosa posso fare. È stato un piacere conoscerti.»
«Piacere mio», dice l’uomo coi baffi alzandosi dalla panchina e inoltrandosi nel verde del parco.
Cammina con le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile. Un labrador dal pelo bianco si avvicina. Stringe una palla rossa tra i denti.
«Vuole solo giocare. È un cane da riporto», dice una voce soave alle sue spalle.
L’uomo coi baffi si volta e ringrazia l’autore per l’angelo che ha fatto comparire davanti ai suoi occhi. È bellissima. Risplende nella sua dolcezza. Non perfetta, lui non ama la perfezione. Preferisce la verità dei lineamenti lievemente irregolari. Ogni centimetro del suo corpo trasmette passione ardente, con ogni singolo movimento, con ogni singola parola sussurrata. L’uomo coi baffi è in estasi.
«Ti va di venire a casa mia?» domanda senza pudore. «Abito a due passi.»
«Aspettavo solo che me lo chiedessi», risponde lei con un sorriso.
Si dirigono verso casa camminando mano nella mano e vi chiedo scusa per le righe bianche che ora seguiranno, ma l’uomo coi baffi è particolarmente geloso della sua intimità. E non posso biasimarlo. Se proprio volete, usate la fantasia.
L’uomo coi baffi apre gli occhi ed è mattina. L’angelo è ancora nel letto al suo fianco. Va in cucina e si prepara del caffè. Lo beve con gusto davanti allo specchio, contemplando la sua immagine riflessa.
È giunto il momento. Quello che tanto aspettava per consacrare la sua libertà definitiva. Riposa con cura la tazza vuota di caffè nel lavello della cucina, apre la finestra che si affaccia sulla strada, otto piani più in basso e si butta di sotto.
Vola. Si libera nell’aria come fosse un fiore che sboccia a primavera. Espande la sua energia e grida a gran voce la sua libertà. Poi si spappola sul grigio dell’asfalto del marciapiede producendo un decoroso splat!
Una signora cammina con il figlio piccolo a pochi metri dal corpo che giace in una pozza di sangue sulla strada.
«Vedi cosa succede a portare dei baffi così lunghi?» dice la madre rivolta al bambino.
Il piccolo uomo si avvicina al corpo morto e lo scruta con attenzione. Pensa: quando sarò grande anch’io mi farò crescere dei baffi così lunghi e poi sarò libero di fare cosa voglio. Anche morire, se ritengo che siano le mie volontà. Poi si gira verso la madre. Non può aspettare. Infila una mano nella borsa ed estrae un rossetto marrone scuro. Si colora la parte di pelle tra il labbro superiore e l’attaccatura del naso. Butta un occhio in giro. Dall’altra parte della strada nota un negozio di articoli in pelle di coccodrillo. Entra.
«Come posso servirla, signore?» domanda la commessa sorridendo.
«Vorrei una cintura.»
«Ha già in mente un modello in particolare?»
«Sì», dice il bambino estraendo un coltello dalla tasca dei pantaloni. Fa il giro del bancone e comincia a scuoiare la commessa che sbuffa disgustata. Dopo alcuni minuti la cintura è pronta.
«Torni a trovarci quando vuole, signore», dice la commessa grondante di sangue.
«Lo farò. Quando voglio.»
Ammirando la sua nuova cintura di pelle di commessa di negozio di articoli in pelle di coccodrillo, il bambino coi baffi sorride soddisfatto.